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L’AMERICA E’ IN ITALIA?

Negli ultimi anni è “esplosa” la migrazione di numerosi atleti italiani verso le università degli USA. Un fenomeno da valutare in tutte i suoi molteplici aspetti. Analizziamone alcuni:

  • Le Università italiane  non hanno niente da invidiare per qualità di percorso formativo e studio a quelle USA.
  • L’esperienza educativa (vivere autonomamente in una nazione estera lontana dall’Italia ed impararne alla perfezione la lingua) è certamente importante e di grande interesse.
  • Le Università americane (praticamente tutte) hanno impiantistica sportiva d’avanguardia, con strutture sia indoor che open che non hanno uguali in Italia. Di contro le condizioni ambientali, in parte del territorio ed in particolare durante l’inverno vedono spesso temperature ostili sotto i zero gradi.
  • Il livello dei tecnici impegnati nelle università USA è qualitativamente inferiore a quello dei tecnici italiani. Spesso al talento non viene dedicata la corretta attenzione.
  • Il calendario agonistico è fortemente condizionato dai Campionati NCAA, ciò comporta un netto anticipo della ricerca della forma per essere competitivi fin da fine marzo, inoltre le classifiche per università richiede un impegno agonistico settimanale a volte anche con più gare a scapito di una seria programmazione degli allenamenti.
  • La stagione sportiva USA chiude praticamente a fine maggio, fatta eccezione per i rari casi di atleti che vengono ammessi alle finali NCAA in programma a metà giugno.
  • Per un’atleta italiano che rientra ai primi di giugno, dopo circa tre mesi d’attività agonista impegnativa, è difficoltoso ritrovare la forma per le più importanti competizioni italiane, a scapito anche di eventuali convocazioni in nazionale (da escludersi nel periodo di permanenza negli USA).
  • Nelle università USA la preparazione per la stagione successiva inizia a metà agosto, mentre l’attività in Italia è in pieno svolgimento (a volte anche con competizioni internazionali).

Inoltre, si stanno moltiplicando i “cacciatori di atleti” che dietro compenso (corretto è un lavoro) si propongono come intermediari.

Sono solo alcune riflessioni, che dovrebbero coinvolgere anche le massime autorità sportive a tutela dei talenti della nostra atletica. Occorre un serio cambio di marcia culturale, lo sport non può essere solo militarizzato (stile Unione Sovietica anni 60) o territorio di conquista per le università d’oltre oceano. Nel suo piccolo anche la “migrazione” di talenti atletici può essere paragonata alla “fuga” dei migliori verso l’estero e come tale è doveroso cercare corrette proposte alternative.

Milano, 8 febbraio 2023

ph. Giancarlo Colombo